Nella cappella dedicata all’Immacolata Concezione possiamo ammirare, sulla parete destra, la scena che raffigura la Fuga della Santa Famiglia in Egitto. L’opera, così come tutto il ciclo pittorico della cappella, venne realizzata dall’artista bolognese Giovanni Francesco Grimaldi, attivo a Roma nella metà del XVII secolo presso varie famiglie nobiliari romane, come i Borghese, i Pamphili, i Santacroce. Il legame con quest’ultima famiglia fu all’origine della committenza nel nostro Duomo, infatti tra il 1652 e il 1674 era vescovo di Tivoli il cardinale Marcello Santacroce. Il Grimaldi fu uno dei più apprezzati pittori del Seicento e le sue opere sono oggi esposte nei maggiori musei del mondo (il Getty Museum di Los Angeles, l’Hermitage di San Pietroburgo, nonché nelle collezioni dei Palazzi Borghese e Doria-Pamphili a Roma). Cifra distintiva della sua arte è il paesaggio, che spesso sovrasta le figure e sembra porsi come il vero protagonista della composizione. La Fuga in Egitto realizzata a Tivoli si contraddistingue in effetti per la prorompente poetica della natura, ma dimostra anche un raffinato tema teologico che certamente fu suggerito all’artista dai committenti ecclesiastici. L’episodio è tratto dal Vangelo di Matteo e riguarda un aspetto certamente drammatico dell’infanzia di Gesù, costretto a lasciare la propria terra a causa della persecuzione del re Erode il Grande: «Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”» (Mt 2,13). Quest’unico accenno venne amplificato dai vangeli apocrifi, che nel corso della storia ispirarono molte raffigurazioni artistiche, sottolineando di volta in volta elementi cari alla devozione popolare. La scena affrescata nel nostro Duomo si pone nel solco di questa tradizione ma presenta anche un’importante originalità. Sono presenti infatti gli elementi classici del tema iconografico: l’angelo che fa da guida, il mansueto asinello sul quale è seduto Gesù (allusione alla sua missione davidica e messianica: l’asino nella tradizione biblica è la cavalcatura del re di Israele), un clima di tensione e incertezza, rappresentato dalle ampie increspature della veste della Madonna al centro. Il paesaggio è imponente, sullo sfondo si può notare anche una piccola piramide che richiama ovviamente alla terra d’Egitto. dettaglio_fugaQuello che colpisce è tuttavia il singolare movimento di Maria, che viene raffigurata nell’atto di adagiare il piccolo Gesù sull’asinello ma voltata con delicatezza da un’altra parte. Il suo sguardo è rivolto alla scena a sinistra, nella quale si vede San Giuseppe che sta ricompensando il barcaiolo per aver traghettato la Santa Famiglia oltre il fiume, permettendo così alla piccola carovana di allontanarsi dal pericolo e approdare in una terra accogliente. Il progetto teologico che sembra aver ispirato questa raffigurazione appare significativo anche tenendo conto del contesto nel quale esso viene a trovarsi (la Cappella appunto eretta come ex-voto cittadino per la protezione della Vergine durante la peste del 1656). Maria è raffigurata come la Madre che ben conosce le difficoltà e le angosce dei suoi figli e che ricorda e ricompensa con sollecitudine le loro buone azioni (in questo caso l’umile ma importante servizio dei barcaioli). La raffigurazione, nel suo complesso, invita dunque a mantenere salda la fede anche nei momenti difficili e a confidare nel provvidente sguardo di Maria. (a.m.)